Carcinosi Peritoneale HIPEC
La chemioipertermia intraoperatoria ad alte temperature (Hypertermic Intraperitoneal Chemotherapy – HIPEC) viene somministrata allo scopo di trattare anche la malattia microscopica residua peritoneale non visibile. La via di somministrazione locoregionale permette di raggiungere più elevate concentrazioni del farmaco antitumorale a diretto contatto con la neoplasia ed una conseguente riduzione dell’esposizione sistemica. L’ipertermia possiede inoltre un’intrinseca attività antitumorale ed accresce l’efficacia di diversi principi chemioterapici.
Nell’ultimo decennio, l’approccio combinato che utilizza la citoriduzione chirurgica (CRS) e la chemioterapia intraperitoneale ad alte temperature (HIPEC) ha trovato maggiori possibilità di impiego in pazienti selezionati con neoplasie primitive del peritoneo, tra cui lo pseudomixoma peritonei e il mesotelioma maligno o le metastasi peritoneali da neoplasie del colon e dello stomaco.
La citoriduzione (CRS) è un’operazione chirurgica complessa, che spesso comporta resezioni di più organi nello stesso intervento, e che mira all’asportazione di tutta la malattia visibile dall’addome. Subito dopo la CRS, al fine di eliminare le cellule tumorali residue, si effettua un lavaggio caldo dell’addome con chemioterapici.
Più in dettaglio, l’HIPEC consiste nell’infusione di una soluzione a circa 41-42°C contenente farmaci chemioterapici diversi a seconda della patologia all’interno della cavità peritoneale e solitamente viene effettuata al termine della citoriduzione. In breve, si posizionano due tubi per l’ingresso del chemioterapico riscaldato all’interno della cavità addominale e altri due per l’uscita dello stesso. Questi vengono connessi ad un’apposita macchina, simile a quella utilizzata per la circolazione sanguigna extracorporea, che tramite un sistema di pompe e scambiatori di calore, consente il riscaldamento della soluzione e il suo ricircolo all’interno della cavità peritoneale.
Il razionale del suo utilizzo scaturisce dall’osservazione della presenza di una “barriera” tra la cavità peritoneale ed la circolazione sanguigna. Infatti, è proprio grazie a tale barriera che la somministrazione intraperitoneale dei chemioterapici consente un notevole aumento delle concentrazioni di farmaci utilizzate nel peritoneo rispetto alla somministrazione sistemica, senza incorrere in tossicità gravi. Inoltre, la penetrazione e l’efficacia del chemioterapico infuso nella cavità peritoneale viene migliorata con un effetto sinergico dal riscaldamento della soluzione contenente i chemioterapici. Ciò nonostante, i farmaci somministrati all’interno della cavità addominale tramite l’HIPEC sono in grado di penetrare nei tessuti per pochi millimetri. Per questo, al fine di ottenere i migliori risultati dal trattamento combinato CRS-HIPEC, è imprescindibile un’adeguata selezione dei pazienti e l’erogazione del trattamento in un centro di riferimento. Questo approccio è infatti adatto per quei pazienti senza evidenza di diffusione extraperitoneale di malattia, in buone condizioni generali e soprattutto con un carico di malattia suscettibile di citoriduzione ottimale (assenza di metastasi peritoneali macroscopicamente visibili al termine della citoriduzione). Infatti, poiché la penetrazione del chemioterapico è notevolmente ridotta nei noduli di grosse dimensioni, l’HIPEC è indicata soltanto se tramite la CRS si ottiene una citoriduzione ottimale e funge da complemento del trattamento chirurgico eradicando la malattia microscopica non visibile.
La CRS e HIPEC sono delle procedure tecnicamente impegnative che richiedono una notevole esperienza e possono pertanto essere erogate in centri di riferimento.
La UOC di Chirurgia del Peritoneo e del Retroperitoneo è un centro ad alto volume con più di 60 casi di Peritonectomie HIPEC all’anno.
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